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Immagine del redattoreViola Monnalisa

18 REGALI

"La madre, per quanto invadente, conflittuale, detestata, è l’amore necessario, è il legame tra ciò che siamo e cosa diventeremo,"



Ho appena visto il film “18 Regali” di Francesco Amato ispirato alla storia vera di Elisa Girotto, una neo mamma deceduta tre anni fa a causa di un male incurabile, che lascia alla figlia Anna di pochi mesi la sua presenza materna e amorosa in diciotto regali da scartare il giorno del suo compleanno fino al raggiungimento della maggiore età.

Una eredità di amore incondizionato nonostante tutto, di presenza oltre l'assenza, una dichiarazione costante di “ti amo e ti vorrò sempre bene”, quello che una madre che verrà privata del diritto e il piacere di crescere una figlia, vorrebbe che lei sapesse.

Nel film ci scappa la lacrimuccia, ovvio, ma quello che ho veramente apprezzato è come vengono a galla le emozioni e le complicazioni, dolorose e d’amore, da entrambe e parti: da chi da e chi riceve, il bisogno di farla sentire amata e il vuoto per non sentirsi amata. I regali che volevano dare la dimensione di quell'amore diventano la prova costante del vuoto affettivo per la figlia: la coscienza della perdita ogni volta che si scarta un regalo. La madre, per quanto invadente, conflittuale, detestata, è l’amore necessario, è il legame tra ciò che siamo e cosa diventeremo, la mancanza della sua presenza e del suo affetto, possono comprendere solo quelli che hanno avuto la sfortuna di non poterla conoscere mai.

Credo di essermi sentita una mexxxa di mamma più o meno a venti minuti dalla fine del film. Trent'anni e oltre di faticosa carriera nel ruolo di tuttologa, ognicosacologa, sempredisponibilecologa, taxiatutteleore, bancomatsenzapin, temo mi abbiano decisamente indurito e inacidito: della serie: “maquantoc’aveveteadiventaregrandi?”

Sono talmente presa dal confrontarmi con le esigenze di figlie adulte che non mi ricordo più com'era quando erano piccole. Quello che non dimentico è la fatica di quei giorni, le notti in bianco, le pappe alle ore più ingrate, il ciclo cambia-lava-stendi-raccogli, le malattie esantematiche tutte moltiplicate per due e la mia costante inadeguatezza. Allora, io, ce l’avrei fatta a comportarmi così? Sarei stata in grado di affrontare la situazione in quel modo? Cosa farei se sapessi di doverle lasciare adesso? Elucubrazioni mentali di una notte d’estate…l’avevo detto che lo yogurt con i cereali a cena non era una buona idea!

Credo che l’amore cambi, cioè cambia il modo di dimostralo, si passa dalla protezione e l’accudimento allo star li in caso loro abbiano bisogno. Prima protagonista, ora osservatrice. Con la crescita dei figli, cambia pure il modo di rapportarsi con loro, perché bisogna avere il rispetto della loro individualità e della loro libertà. Bisogna mordersi le labbra e stringere in gola quel: “non fare tardi, evita questa cosa, attenta che è uno sbaglio, quell'uomo non fa per te”. Non basta un cerottino sulla bua da grandi, ci vuole un porto sicuro dove attraccare la nave dopo la tempesta e riparare i danni.

Questa idea del porto mi ricorda i chili in più post lockdown, di quanto lo yogurt sia infido e bugiardo, di quanto sto lavoro non finisca mai e quanto pesi dimostrare l’amore stando ferma, in silenzio, in un angolo.

Ti ammiro Elisa, se può valere l’ammirazione di una madre a fine carriera, stanca, un po' ingrassata e marinaio di mille tempeste.

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