Così respiravo aria fredda di marzo mista ai miei sogni irrealizzati...
E arrivata.
Non l'avevo chiamata, ma forse, la stavo aspettando.
Il cuore è partito ad un ritmo forsennato, il fiato è diventato corto, sempre più corto, lo sguardo annebbiato ed ho avuto paura. Così, alle sette e mezzo di mattina, ho parcheggiato la macchina nella prima piazzola della statale ed ho aspettato di morire. Mi avrebbero trovata per caso, un jeans e maglietta qualunque con una storia misteriosa che le aveva tolto la vita lungo una statale agitata di una giornata anonima. Respira, mi dicevo, respira. Così inspiravo aria fredda di marzo mista ai miei sogni irrealizzati.
Espiravo aria calda di vita vissuta, amori sofferti, illusioni svanite. Respiravo i luoghi dove ancora dovevo andare, le persone che dovevo ancora conoscere, i libri da leggere. Espiravo, il dovere di fare, il rifiuto di chi non mi ha amato, di chi non mi ha accettata, di chi voleva cambiarmi, dolore, tanto dolore. In, es. Es, in. Il cuore sta rallentando, forse questa volta non muoio, forse la prossima, ma questa volta sento che ce la faccio. Sono le otto di mattina, riparto da una piazzola piccola al lato di una statale indifferente. La mia ansia se ne è andata, ha fatto solo un breve saluto, breve ed intenso. Accendo la radio, volume alto. Devo ricordarmi di respirare. Devo ricordarmi di vivere.
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