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Immagine del redattoreL'Araba Fenice

Il sorriso ci rende migliori

Aggiornamento: 8 giu 2020


Foto estratta da Lamenteèmeravigliosa


Smarrita e tremante posai lo sguardo sul corpo immobile e inanimato di mia figlia.

Vacillando scrutai il suo volto pallido, quasi diafano, incorniciato dai lunghi capelli castani che una perfida mano malvagia aveva privato della sua luminosa gioia adolescenziale.

Con sgomento notai sulle sue livide labbra una smorfia di dolore che mi mozzò il respiro.

Il vortice, se pur fulmineo, della morte non le aveva risparmiato neppure un briciolo di sofferenza nell'istante del trapasso.

Distolsi lo sguardo da quel fiore reciso prima ancora d'esser sbocciato.

Stordita realizzai che quel vortice aveva inghiottito, oltre a mia figlia, anche quel presente, quel futuro e quel mio essere madre che con lei avrei condiviso.

Stavo per tracollare a terra se la mia vigile mente solerte non fosse accorsa subito in mio aiuto allontanando da me quell'immane dolore con uno dei suoi spaventevoli ma efficaci trucchetti.

Mi separò da me stessa, corpo e anima divennero a me estranei e guardandomi dall'esterno entrai in una dimensione onirica, fuori dal tempo e dallo spazio, dove il dolore tacque e la disperazione s'acquietò.

L'incantesimo non durò a lungo, il silenzio dell'assenza di mia figlia divenne intollerabile, scalfì la corazza di freddezza e di distacco che avevo indossato e, insinuandosi furtivamente nella mia anima la mandò in mille pezzi.

Aculei di sofferenza mi trafissero, mi graffiarono e mi scorticarono facendo sanguinare la mia nuda pelle.

Come animale ferito invocavo a voce alta il suo nome affinché lei udendomi tornasse da me, certa che la sua morte fosse la punizione da lei inflittami per non essere stata quella mamma allegra e sorridente che mia figlia, bambina esuberante e piena di vita qual'era, avrebbe voluto in sorte.

Il passato tornò a scottarmi la mente.

Pur essendo vittima di una depressione che mi mordeva internamente ero conscia di quanto per lei fossi una pessima madre.

Prova inconfutabile furono le parole che trovai scritte nel suo diario: "la mamma piange e io soffro", parole che marchiarono a sangue il mio cuore.

Per amor suo oltrepassai i tanti pregiudizi che ancor oggi gravano sui disturbi mentali, in primis quello che essi dipendano dalla propria volontà o che siano conseguenza di un carattere debole, (stigma che a me ha fatto soffrire più della depressione stessa) e mi rivolsi a uno specialista per farmi aiutare.

Iniziai un duro cammino volto a sostituire le mie convinzioni radicate, inutili e dannose con convinzioni più realistiche.

Purtroppo il tempo non fu galantuomo e non mi concesse di realizzare il più grande desiderio di mia figlia: il mio sorriso.

"Un'esperienza di dolore si può trasformare in un'occasione positiva" fu il titolo del tema che andai a svolgere, non senza un certo scetticismo, e con l'aiuto del mio analista dopo la morte di mia figlia affinché il mio secondogenito, di appena tre anni, non crescesse in un ambiente cupo.

Uscendo dai miei rigidi schemi mentali mi riconciliai con me stessa e con la mia "parte vitale", quella che tanto assomigliava a mia figlia e che tanto inconsciamente detestavo.

L'allontanavo da me, nascondendola nell'ombra, a causa dell'angosciosa e a me incomprensibile inquietudine che mi procurava.

L'arcano fu con il tempo svelato: essa era, a mia insaputa, infestata dai terrificanti fantasmi della mia infanzia che ancora vi aleggiavano indisturbati.

Amavo mia figlia più di ogni altra cosa al mondo, ma la mia mente, intrappolata com'era in ragnatele invisibili, m'impediva di ridere, gioire e scherzare con lei.

"Quando sarò grande voglio aiutare i drogati e tutti coloro che soffrono, so che sarà solo una goccia nel mare ma lo farò lo stesso".

Il suo ultimo desiderio, scritto in un tema delle medie, divenne per me la strada che avrei percorso al posto suo.

Mia figlia mi prese per mano prima ancora di nascere, diventò il mio motore di crescita e soffiando sullo spesso strato di polvere che nascondeva la mia ricchezza interiore mi ha reso migliore.

La sua perdita ha scavato un solco profondo nel mio cuore ma so che lei vive dentro ogni mio sorriso e alzando gli occhi al cielo ringrazio Dio per averla avuta.

L'Araba Fenice

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1 Comment


Viola Monnalisa
Viola Monnalisa
May 21, 2020

Studio da anni: libri, testi, saggi, documenti e poi arrivi tu, tu con l'anima graffiata e mi insegni come guarire le ferite, ma senza che smettano di fare male. All'interno del tuo sofferto racconto di vita, c'è tutto. Tutta l'anima, tutto il dolore e tutta la consapevolezza, la fatica dell'elaborazione del lutto, l'umiltà nel chiedere aiuto, la ragione di vita persa e poi ritrovata ed infine la doverosa rinascita.

E la potenza di un sorriso: che è riscatto, che è amore e luce che nasconde un dolore, perenne e costante, ma che fa parte comunque della vita.

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