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Immagine del redattoreViola Monnalisa

LA SEDIA

"Vorrei che tornasse Natale, i giorni di pioggia, l’odore del dolce in forno, il bucato teso..."



Ho iniziato con l'accompagnarla alle visite mediche, poi ai vari esami di laboratorio, le attese fuori dalle sale chirurgiche, poi ancora visite, farmacie, medicazioni, viaggi e ancora medici, referti di esami e medici sempre medici e medicine, tante medicine. Le sedie di questi ospedali le ho consumate e qui sopra ci sto consumando la mia vita. Ore della mia vita in attesa. Poi è arrivata l'assistenza vera e propria e il mio stomaco si è bloccato. Sono infermiera, badante e figlia. Troppo. Io non ce la faccio, però lo faccio, perché è dovere.

Il dovere mi fa male, mi chiude lo stomaco in una morsa più forte, così sono costretta a sedermi, la sedia è scomoda, ma ci tiro il fiato un attimo, anche se l’aria è pesante, anche se la finestra è aperta.

Respiro la sua stessa aria viziata di vita che se va in uno sconforto di tubi e di aghi.

Io vorrei che mi madre si fermasse, che smettesse di respirare quest'aria puzzolente. Vorrei che tornasse Natale, i giorni di pioggia, l’odore del dolce in forno, il bucato teso, i foulard a fiori, i regali ai compleanni, l’estate e i mazzi di fiori. Vorrei tornare bambina sul mio cavallino a dondolo come nella foto incorniciata sulla mensola della libreria.

Invece sono seduta su questa sedia.

Plastica verde lucida di mani che ci hanno passato sopra la loro disperazione.

Io la guardo: lei è li, ma non è con me, non c’è più per me.

Vorrei essere già a dopo: dopo la fine, dopo la bara, dopo il cimitero.

Vorrei essere al mare o dentro una frizzante giornata di novembre; vorrei una domenica con gli amici o il popcorn al cinema invece ho questa sedia dura che uccide il mio respiro. E vorrei che non mi mancasse, che non mi desse questa brutta sensazione che tutto è cambiato e nulla sarà più come prima.

Penso che eviterò di agitarmi tanto sulla sedia. Se sto ferma sento meno dolore.

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