Dedico questo spazio a coloro che abbandonandosi sui cuscini del mio divano, si sono raccontati.
Li ringrazio per avermi concesso di raccontare le loro emozioni in questo blog.
Le loro esperienze di vita mi hanno resa più ricca, quel genere di ricchezza che è bello condividere.
"La nostra amicizia ha, felicemente, varcato i trent'anni, abbiamo condiviso tanta storia insieme! Il segreto? Il rispetto per le diversità e la condivisione delle affinità, il tutto condito dalla presenza frizzante di una moglie fantastica! Lui è un uomo che non invecchierà mai: spinto da una innata curiosità nei confronti del mondo, dell'arte, della storia e, come me, della natura umana. Sperimentatore, cuoco, sportivo, giornalista, umorista, ma soprattutto e sopra ogni altra cosa Amico Mio. Ed è tantissimo."
Il distanziamento sociale
E’ passato quasi un mese da quella domenica 8 marzo in cui il “distanziamento sociale” ha impattato violentemente nella mia vita. Non avrei mai pensato potesse accadere una cosa del genere. Mai nella mia, ormai lunga, esistenza avrei pensato di trovare una carissima amica e, invece di abbracciarla e darle un bacio, come accade ogni volta che ci vediamo, fare un passo indietro. E lei come me. Guardarsi negli occhi, smarriti eppure consapevoli che quell'abbraccio mancato era per la nostra salute. Io mi stavo proteggendo e, allo stesso tempo, proteggevo lei. Eppure non era la normalità. E’ passato quasi un mese da quella domenica. Il distanziamento sociale è entrato nella nostra vita come uno tsunami. Un’onda che ci travolge, che ci costringe alla lontananza. Da quella domenica tutto è cambiato. Il COVID-19, questo è il nome del responsabile di tutto ciò, ha cancellato le nostre certezze.
I social sono diventati la piazza, il bar, lo stadio, il teatro ed il cinema; punto d’incontro virtuale di una generazione privata improvvisamente di ogni relazione sociale. Facendo un rapido giro su Facebook, Instagram, Twitter è tutto un susseguirsi di foto e video che rappresentano persone sorridenti, dedite a condividere il tempo con i figli, ai lavoretti di casa, a cucinare o post sarcastici sul contagio e le misure per evitarlo. E qui mi sorge un dubbio: è veramente così, sono veramente sorridenti? O non è, forse, solo una rappresentazione di facciata? Un modo per esorcizzare un evento che non ha precedenti se non nelle grandi pandemie che abbiamo studiato nei libri di storia. Anch'io sorrido e scherzo però non è lo stesso sorriso di un mese addietro. E’ un sorriso triste, malinconico. Un’autodifesa per non passare dalla paura all'angoscia. Cerco di continuare ad essere quello di prima, sorridente e sempre pronto alla battuta. E’ autodifesa per non farmi sopraffare dall'ansia. Non sono più me stesso. Ho come una doppia personalità, una sorta di Dottor Jekill e Mister Hyde. Un io che vorrebbe rinchiudersi in una stanza e dare libero sfogo anche alle lacrime ed un altro che lo blocca, lo costringe a ricordarsi chi e cosa era prima di quell’8 marzo. Ecco, le lacrime. Mi sono imposto di non piangere, di non versare nemmeno una lacrima. Di lasciarle tutte per quando potrò riabbracciare mia nipote ed i miei amici.
Oggi sarebbero lacrime di disperazione domani saranno lacrime di felicità.
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