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Immagine del redattoreViola Monnalisa

Raccontare...Raccontarsi...Farsi raccontare...

Dedico questo spazio a coloro che abbandonandosi sui cuscini del mio divano, si sono raccontati.

Li ringrazio per avermi concesso di raccontare le loro emozioni in questo blog.

Le loro esperienze di vita mi hanno resa più ricca, quel genere di ricchezza che è bello condividere.




"Lasciarsi non è silenzio. Dopo esserci cercati, incontrati, condivisi, lasciarsi deve essere una dichiarazione di parole e sguardi, affinché ciò che è stato conservi la sua importanza."




Tu mi servivi.

Lo so che è una brutta espressione, ma anche io servivo a te, l’uso era reciproco, sempre se di uso si può parlare quando lo scopo è passare qualche ora piacevole, anzi, più che piacevole.

Quando ci siamo conosciuti, io avevo una vita buona, una bella famiglia, lavoro, amici e amore. Certamente un bel quadretto, almeno dal di fuori, perché dentro, si dentro, io avevo sempre quel malessere che mi rendeva una inquieta ansiosa.

Lo avrei capito più tardi, sotto il tocco delle tue mani, cullata dal tono della tua voce, lo avrei capito perdendomi dentro ai tuoi occhi pieni di me, in quello spazio che era la nostra “isola che non c’è”, pochi momenti di passione prima di ritornare ognuno alla proprio vita.

Così sono cresciuta, mi sono confrontata fuori dal cerchio amorevole della mia famiglia, la mia autostima si è fatta grande, io sono diventata grande.

Gli anni della complicità, delle confidenze, della assoluta mancanza di aspettative e di progetti, ma vissuti solo per il piacere di stare insieme e di incontrarsi, ecco questi sono gli anni della fiducia verso l’amante che non c’è, che ti rende felice e poi se ne va con la sola promessa della prossima volta.

Io ero drogata di vita e lucente e luminosa e frizzante e amavo tutti, perché lui mi faceva sentire nuova.

No, non ero innamorata di lui, ero innamorata di me, di come lui mi aveva scoperta e consegnata al mondo, ero innamorata di quell'esserci senza appartenersi.

Negli anni la vita ci ha portato delle pause, quelle necessarie quando gli avvenimenti ti procurano ferite che è necessario cicatrizzare da soli, in silenzio, ma poi ci siamo ritrovati, sorpresi e appassionati di essere diversi, ma sempre uguali.

Io ti ringrazio.

Ti ringrazio di aver portato allo scoperto questa donna, questa vitalità e questa sicurezza.

Forse ti ringrazierò anche domani, quando questa rabbia sarà diventata fuoco, quando ci sarà una ragione del silenzio che hai indossato come un mantello per allontanarti per sempre da me.

E le parole?

Quelle sussurrate, respirate, divise e poi unite?

Non potevi usare quelle parole per dirmi che te ne andavi per un’altra?

Non ti avrei legato, avrei capito.

E se non avessi capito, avrei accettato.

Perché non hai parlato? Hai Lasciato morire il nostro vissuto, come se non avesse un valore, come mai avesse avuto forma.

Scuse. Ho sentito solo scuse, alibi imbrattati di bugie senza un senso.

Un rapporto maturo tra persone mature finisce così, con un bimbo che scappa.

Io ritorno alla mia realtà, Wendy e Peter Pan rimangono nell'isola.

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1 Comment


Minavagante23
Minavagante23
Jun 14, 2019

L'isola che non c'è è un posto bellissimo da visitare, da vivere almeno una volta nella vita ....ne vale la pena anche se il viaggio di solo ritorno sapendo che non ci sarà una nuova andata risulterà doloroso, scomodo, interminabile!

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