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Immagine del redattoreL'Araba Fenice

RACCONTO METAFORICO CREPUSCOLARE

Aggiornamento: 21 gen 2022

"A volte le parole sono contenitori che celano un vuoto interiore, altre volte hanno un'anima colma..."

(foto di monica_low83hd)


A volte le parole sono contenitori che celano un vuoto interiore, altre volte hanno un'anima colma di voglia di amare che vanno dritte al cuore di chi le ascolta.

Mentre il crepuscolo striato di rosso inonda tutto il mio essere apro con gioia, ancora una volta, la scatola che contiene il dono prezioso che uno sconosciuto mi offrì con autentica generosità tanti anni fa.

Ne alzo con trepidazione il coperchio di un arancione brillante di per sé già inno alla

vita e, in un angolo scorgo quelle parole che con tono pacato ma autorevole egli pronunciò in una sera d'estate, in un appartamento con vista panoramica sul paesino sottostante disseminato di brillanti luci notturne.

Strette le une alle altre, un po' rattrappite, offro loro ancora una volta il mio sguardo colmo di profonda gratitudine.

Le sollevo e, come per incanto scivolandomi dalle mani volano fuori dalla scatola, si sparpagliano all'intorno animate dalla folata di grande generosità che ancora custodiscono nel profondo della loro anima suscitando in me un turbinio di emozioni.

Le afferro, a una a una, e con estrema abilità le dispongo in un immaginario pentagramma.

Mani invisibili di eccelso pianista accarezzando i tasti di un nero, lucido pianoforte a coda diffondono l'armoniosa melodia che da esse scaturisce e, io, ascolto, come sempre, in religioso silenzio:

"Perché non vuoi pubblicare i tuoi racconti?"

"Il tuo potrebbe essere un "Dono"!"

Alla parola "Dono", profferita dallo sconosciuto con amabile intensità di voce, farfalle di rinascita, speranza e coraggio si agitarono dentro di me. Subito compresi che a sua insaputa aveva sfondato una porta che tenevo ermeticamente chiusa.

Non poteva di certo sapere che io non avevo paura tanto di un insuccesso quanto di un improbabile ma possibile successo che avrebbe mostrato al mio emisfero cerebrale infantile, in modo assurdo ma tangibile, l'atavico e terrificante timore di un abbandono emotivo.

Difficile discernere la complessità della relazione, é un po' come inciampare più e più volte sulla stessa pietra senza aver imparato a vederla ed evitarla.

Un pietra, la mia, chiamata "Dipendenza affettiva" che ha condizionato gran parte della mia vita rendendomi artefice della mia stessa sofferenza.

La parola "Dono" installò in me il dubbio che lo potesse esserlo davvero e che non potevo di certo buttarlo nella spazzatura.

Scrivere assunse ai miei occhi una valenza terapeutica per me e forse anche per chi avrebbe avuto il tempo e la volontà di volermi leggere.

Non posso più esimermi dal pubblicare racconti tratti dai miei reali vissuti di morte e resurrezione che potrebbero essere d'aiuto a coloro che combattono contro la sofferenza psichica, intrappolati in un labirinto che sembra non avere via di uscita.

Dallo sconosciuto ricevetti in regalo un progetto di vita, fino ad allora latente e inespresso, in cui ancora oggi credo per continuare il mio cammino pieno di asperità con un compagno di viaggio colmo di passione e di entusiasmo che riderà e piangerà insieme a me, ma che soprattutto non mi lascerà mai sola.

Egli sbirciò dentro al mio cuore insegnandomi a combattere contro me stessa prima che le ombre si allungassero, il crepuscolo sbiadisse e la notte prendesse il sopravvento...


L'Araba Fenice

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