top of page
Immagine del redattoreL'Araba Fenice

Volevo solo una novella

"Io voglio una novella!"

Così, con l'impeto di un guerriero scoccai il mio dardo in direzione di mio padre.

Tanta audacia e tanto ardire scaturivano dal mio profondo desiderio di far breccia nel suo cuore.

Egli, un freddo imprenditore dai cerulei occhi di ghiaccio, a volte collerico e dispensatore di paure insondabili, altre infantile e bisognoso di cure materne, era, per me, un'entità indefinibile e irraggiungibile.

Egoista ed egocentrico era stato relegato da mia madre nel ruolo di "carnefice" e pertanto odiato da tutta la famiglia.

Quel giorno del mio quinto compleanno riuscii, sgominando la paura che m'incuteva, a espugnare la fortezza dentro alla quale si era trincerato.

Con gioia mi accoccolai accanto a lui sul grande divano del soggiorno.

Mio padre con voce inaspettatamente melodica intonò l'inizio della novella e come coro di sirene di Ulisse m'incatenò al suo divenire.

Entrambi vittime di un giocoso incantesimo, con le ali della fantasia, cavalcammo mari tempestosi infestati da feroci pirati che arrembavano galeoni carichi d'oro, gioielli e seducenti principesse indiane delle quali s'innamoravano perdutamente.

Il finale fu degno della più bella ed elettrizzante fiaba che io avessi mai udito.

Mio padre s'addormentò.

Io, eccitata, continuando a fantasticare sui dobloni del pirata capitan Avery, alzai gli occhi verso il soffitto e... rimasi a bocca aperta, letteralmente senza fiato!

"Cos'era quell'enorme bolla dai bordi sottili e trasparenti che ci avvolgeva entrambi? E come diavolo avevamo fatto a finirci dentro?"

Con mia grande meraviglia notai che in essa entrava a fiotti una luce radiosa che sfumava dipingendo tutti i colori dell'iride.

Via via che li afferravo provavo di volta in volta un'emozione o un sentimento benevolo e diverso.

Tutto lì dentro era incanto e pace.

Io e mio padre avevamo varcato quella sottile linea magica che separa la realtà dalla fantasia piombando in una dimensione onirica nella quale grazie al potere benefico dell'immaginazione, immersi in un gioco liberatorio, il mio desiderio e, forse, anche il suo si erano potuti realizzare.

Dentro quella bolla una magica complicità, traboccante d'affetto e tenerezza, ci aveva unito senza limiti.

Un attimo di felicità, di quelli che capitano raramente nella vita e che ti fanno ringraziare di essere nata.

Da quel giorno in poi riuscii a vedere mio padre non più solo attraverso gli occhi di mia madre,

avevo soffiato via quella cortina di fumo acre che l'avvolgeva, che bruciava gli occhi e irritava la gola e non lasciava intravedere le doti che, a dispetto di tutti, possedeva.

La magia della fiaba m'insegnò che si può superare la superficie delle cose elevandosi verso una realtà superiore, sconosciuta alla maggior parte degli uomini.

Essa m'indicò il cammino da percorrere in direzione della speranza.


L'Araba Fenice









25 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Un Nuovo Discorso

Problemi di Cuore

DUE ANNI DA PECORE

Kommentare


bottom of page